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Di Gregorio: "Inter seconda casa ma voglio dare il massimo al Monza. Qui progetto al top"

di Redazione Tuttomonza

Michele Di Gregorio, nuovo portiere del Monza in prestito dall'Inter dopo la positiva esperienza a Pordenone, ha parlato in esclusiva ai microfoni di Cronache di Spogliatoio. "Per me l'Inter è come una seconda casa. Il sogno è quello di tornare un giorno, poi si vedrà come andranno le cose. Sicuramente intanto devo affrontare lo step Monza nel migliore dei modi. Poi magari tornerò nerazzurro, ma la vita è troppo imprevedibile. Meglio pensare all’oggi. Il Monza mi ha cercato appena hanno saputo di essere stati promossi in Serie B. Stavo ancora giocando con il Pordenone e ho deciso di concentrarmi sulla fine del campionato ma nel momento in cui ho finito la stagione, io e Carlo (il procuratore, ndr) abbiamo deciso di dare la precedenza a chi aveva manifestato più interesse. A Monza poi il progetto è top: si sogna e si lavora in grande, già in soli 20 giorni l’ho capito. Non ho avuto dubbi sullo scegliere questa piazza.

Berlusconi? Ancora non l’ho sentito, mi sono interfacciato con il dottor Galliani e con il resto della dirigenza e mi hanno fatto una grande impressione. Tatuaggi? Sì, ne ho qualcuno… L’obiettivo è sempre migliorarsi. Sarò a disposizione del mister e della squadra: la B è un campionato lungo ed impegnativo, ci sarà bisogno di tutti. Io e la squadra vogliamo la stessa cosa che vuole la società: la Serie A. Qua c’è un pacchetto portieri di livello molto alto, visto che con me ci sono anche Lamanna e Sommariva. Questo aiuterà tutti a migliorarsi. C’è un livello altissimo quest’anno. Tra le squadre che sono salite come il Monza e la Reggina, quelle che sono scese come SPAL e Lecce, oltre alle squadre che già sono importanti in Serie B come il Frosinone. Non si potrà mai abbassare la guardia. Non saprei fare una griglia per ora, ma tutte queste sono squadre pericolose".

Poi i ricordi con l'Inter: "Negli scorsi anni qualche settimana ad Appiano Gentile l’ho passato. Mi impressionò Handanovic, vivendolo da vicino te ne accorgi: dà sempre il massimo, che sia allenamento o partita. Non è un caso se è arrivato a quei livelli. Il suo atteggiamento fa la differenza. Ricordo che in carriera ho avuto due episodi particolari con gli infortuni. Il primo con l’Inter Primavera: rientravo da una frattura al naso e mi avevano dato l’ok per giocare con la mascherina. Ma ci vedevo pochissimo e a metà partita me la sono tolta. Il secondo invece fu quando  giocai con un dolore alla mano. Dopo il match feci gli esami e si scoprì una frattura dello scafoide". Possiamo definirlo un portiere sprezzante del pericolo: "Un po’ sì dai (ride, ndr). Ma penso sia anche una questione di ruolo. Per essere portieri non bisogna essere troppo normali o registrati.

La scelta risale a quando ero piccolo. Nessuno voleva andare in porta da bambini, ma io mi divertivo tanto a tuffarmi e a togliere il gol all’avversario. Mi dava più piacere che segnare. Il mio allenatore dell’epoca lo capì e cominciò a schierarmi portiere. I momenti più difficili sono quando vinci nettamente e non arrivano mai i palloni. Volevo quasi smettere perché mi annoiavo, poi la mia famiglia ha insistito e ha fatto bene. Altri sport? Mi piacciono tutti gli sport, dalla pallavolo al tennis. Non ho un idolo o un riferimento sportivo extra-calcio, ma mi piace guardare gli atleti che hanno un atteggiamento particolare, che anche nel momento di difficoltà si rialzano. Penso a due professionisti come Zaytsev o Nadal: non è che non sbagliano, è che sono più bravi degli altri a recuperare e a farsi scivolare addosso gli errori".


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