Basterebbe posizionare un drone aereo per studiare i movimenti orchestrati con sapienza dal fattore incisivo del Monza e concludere con chiarezza che questa categoria per lui costituisce un passaggio meramente provvisorio. Solo chi ha padronanza del mestiere fa correre il pallone perché ha deciso come giocarlo prima d’averlo ricevuto, si muove con intelligenza ritagliandosi la collocazione spaziale e manipola i tempi delle giocate con l’inventiva di chi sa creare grattacapi anche quando è sotto pressione. Nella buona e cattiva sorte c’è il marchio di fabbrica del genio della lampada Dany Mota: quando riceve palla gli avversari ultimamente devono farsi il segno della croce per sperare in un primo controllo non perfetto, o che il motore s’inceppi sul più bello. Dopo Bisoli anche Castori non ha saputo preparare un piano efficiente per contenerlo nell'accelerazione, disegnando calcio con modalità polivalenti e attaccando la profondità in conduzione palla a tutto gas con la calamita negli scarpini e la capacità funzionale di leggere le giocate in un crescendo tecnico invidiabile. E Brocchi lo sensibilizza, lo vuole in grado di unire con armonia la sostanza alla forma. Il classe ’98 ha preso in mano le chiavi del reparto offensivo respingendo al mittente le critiche di chi lo vedeva riserva ad inizio stagione, pensando ad un rendimento diverso di Maric presentato come punto fermo ma apparso all’atto pratico macchinoso e scarsamente adatto ai ritmi forsennati del campionato. La sensibilità tecnica l’ha ereditata dall’inclinazione nell’interpretare il ruolo d’esterno sinistro d’attacco; quando attiva il radar mette al tappeto chi lo fronteggia che non sa come posizionarsi. Motivazioni a mille e guai ad alzare il piede dall’acceleratore: la missione è persistere lasciando il segno, perché il tempo umano avanza veloce in linea retta e la felicità è desiderio di ripetizione, con un pensiero alla doppia cifra di gol... e assist, articolando giocate di qualità sull'asse formidabile con Carlos Augusto.
PRIMA IMPRONTA. La vita è fatta di porte girevoli. E passare inosservati di fronte al destino per Mario Balotelli non è mai stata una possibilità. La strada maestra è apparsa subito dopo il calcio d’inizio: sono bastati 8’ per riscoprire la natura essenziale del tratto fondante della personalità di Super Mario che entra in campo, s’addensa in area, subisce tre falli, recupera quattro palloni, scende basso per ricevere e giocare di sponda, segna col piatto destro trovandosi al posto giusto nel momento giusto per scartare il cioccolatino di Carlos Augusto, fa un numero a bocce ferme all’amico ed ex compagno Belec che lo scalcia e non cade nelle trappole provocatorie di Gyomber che gli morde le caviglie con eccessi di foga. È questa la fotografia degli istanti dell'eterno ritorno dell’uomo che continua seraficamente ad essere sé stesso, non s’è scomposto in questi nove mesi, come se non fosse rimasto seduto a guardare gli altri senza preoccuparsi di mantenere una condizione fisica accettabile (ha perso 5 kg nell’ultimo mese). Un premio alla tenacia, alla resilienza, alla capacità di mettere a frutto gli sforzi di chi sa d’essere di fronte al capolinea della carriera e vuole trasformare le difficoltà in estasi, lavorando al massimo per ritrovare prima di subito la miglior forma. Per correre veloce evitando le curve. Perché l'ultima chance ha il fascino dell'equilibrista sul filo, in perenne equilibrio tra il pericolo fino all'ultimo passo e la voglia matta di riaprirsi le porte sbarrate della Serie A. Oggi come ieri, è solo l'inizio, magari stavolta è quello giusto.
TACCO AL POTERE. Palla volante, controllo in acrobazia, colpo di tacco slegato in corsa a beffare Abidal rimasto sul posto e conclusione con innata potenza che sfonda la porta di Valdès: basta scandagliare gli archivi dei database della memoria sportiva digitando l'anno 2011 per ripescare il gol sensazionale segnato da Kevin Prince Boateng con la maglia del Milan al Barcellona dei giganti di Guardiola nel 2-2 di San Siro. Le acrobazie son da sempre polizza assicurativa del ghanese, che dopo aver riposato a Cremona s’è preso il palcoscenico in veste di visionario: tacco illuminante a tagliar fuori cinque giocatori e costruzione di un’autostrada su misura che Frattesi ha percorso senza badare agli autovelox prima del servizio orizzontale trasformato in oro da Barillà. Poi un primo controllo che diventa sombrero in mezzo al campo, dando ampiezza allo sviluppo offensivo tra gli applausi scroscianti dei dirigenti in tribuna, e un continuum fluido di colpi di classe per evitare il traffico e accendere la luce ai compagni. Il perno della fantasia guarda verso un futuro estrattivo, motivando la vena offensiva per fiutare le buone potenzialità di guidare l’élite nel miglior modo possibile. Basta davvero accendere il motore per capire quali pensieri progettano i tre là davanti, decodificando opzioni per dare creatività colorata ai metri conclusivi della manovra e mettere al tappeto gli avversari in pochi colpi. L’imperativo categorico che rimbomba tra le stanze di Monzello è quello di continuare a confezionare gemme d'autore senza soluzione di continuità. Perché è vietato fermarsi sul più bello, alle porte della vetta, quando stai per spiccare il volo e sei determinato a farlo. Tra agilità e genio, tecnica e potenza: chiamatelo pure BBM, il tridente delle meraviglie che parla col linguaggio della fantasia.
Autore: Niccolò Anfosso / Twitter: @Nicanfo2000
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